Thursday, July 19, 2007

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 3 luglio 2007 1(1)

Causa C‑194/06

Staatssecretaris van Financiën

contro

Orange European Smallcap Fund NV

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi)]

«Libera circolazione dei capitali – Imposizione sui dividendi – Esenzione fiscale dei dividendi su quote di partecipazione in società stabilite nello Stato membro – Compensazione dell’imposta fiscale ritenuta alla fonte sui dividendi di quote di partecipazione in società stabilite in un altro Stato membro – Limitazione di tale compensazione all’importo che un azionista residente potrebbe compensare in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione – Limitazione di tale compensazione in funzione della partecipazione di azionisti non residenti nel capitale della società di investimento»





1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sul regime di imposizione olandese degli organismi di investimento collettivo stabiliti nei Paesi Bassi. Tale regime è concepito in modo che l’imposta dovuta a tale Stato membro sui dividendi percepiti dai detti organismi non sia a carico di questi ultimi bensì, dopo distribuzione degli utili, di tutti i loro azionisti. A tal fine, l’imposta sui dividendi versati agli organismi di investimento collettivo da società stabilite nei Paesi Bassi e prelevata alla fonte da tali società è rimborsata ai detti organismi.

2. Inoltre, gli organismi di investimento ottengono dal Regno dei Paesi Bassi una compensazione a titolo dell’imposta prelevata all’estero sui dividendi provenienti da altri paesi. Tale compensazione è soggetta a due limitazioni. In primo luogo, essa è limitata all’importo dell’imposta estera che una persona fisica residente nei Paesi Bassi avrebbe potuto dedurre dall’imposta olandese in forza di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione stipulata tra il Regno dei Paesi Bassi e il paese di investimento. In secondo luogo, la compensazione è ridotta in funzione della partecipazione nel capitale dell’organismo interessato di azionisti che non sono residenti o non sono stabiliti nei Paesi Bassi.

3. Lo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) sottopone alla Corte diverse questioni pregiudiziali intese a consentirgli di valutare la compatibilità di tali due limitazioni con le norme del Trattato CE relative alla libera circolazione dei capitali.

4. Nelle presenti conclusioni, ricorderò gli orientamenti della giurisprudenza relativa alla delimitazione della competenza degli Stati membri in materia di fiscalità dei dividendi e prevenzione della doppia imposizione. Spiegherò perché, alla luce di tale giurisprudenza, tali due restrizioni sono, a mio parere, in contrasto con le disposizioni degli artt. 56 CE e 58 CE.

I – Contesto normativo

A – Il diritto comunitario

5. Ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, nell’ambito delle disposizioni previste dal capo di cui tale articolo fa parte, sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi.

6. L’articolo 57, n. 1, CE prevede misure transitorie per quanto riguarda i paesi terzi. Esso stabilisce quanto segue:

«Le disposizioni di cui all’articolo 56 [CE] lasciano impregiudicata l’applicazione ai paesi terzi di qualunque restrizione in vigore alla data del 31 dicembre 1993 in virtù delle legislazioni nazionali o della legislazione comunitaria per quanto concerne i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che implichino investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari».

7. Infine, l’art. 58 CE così dispone:

«1. Le disposizioni dell’articolo 56 [CE] non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

a) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale,

b) di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

(…)

3. Le misure e le procedure di cui [al paragrafo 1] non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 56 [CE]».

B – Il diritto nazionale

8. Il regime fiscale degli organismi di investimento collettivo è disciplinato, nel diritto olandese, dall’art. 28 in materia di imposta sulle società del 1969 (Wet op de vennootschapsbelasting) e dall’art. 6 del decreto relativo agli organismi di investimento collettivo (Besluit beleggingsinstellingen).

9. Ai sensi dell’art. 28 della legge in materia di imposta sulle società, qualora una società anonima, una società a responsabilità limitata o un fondo comune di investimento, con sede nei Paesi Bassi, abbia uno scopo o un’attività effettiva consistente nell’investimento, tale entità è considerata come un organismo di investimento collettivo (2).

10. Il regime particolare al quale sono soggetti gli organismi di investimento collettivo mira ad equiparare il più possibile la pressione fiscale sui proventi degli investimenti effettuati da tali organismi alla pressione fiscale sugli investimenti diretti effettuati dagli investitori privati. I proventi degli investimenti di tali organismi sono quindi assoggettati ad imposta, per quanto possibile, come se si trattasse di proventi direttamente percepiti dagli azionisti. Tale equiparazione avviene con le modalità qui di seguito descritte.

11. Gli utili di un organismo di investimento collettivo sono assoggettati all’imposta sulle società ma ad aliquota zero. In contropartita, tali utili devono, in linea di principio, essere distribuiti integralmente agli azionisti entro l’ottavo mese successivo alla fine dell’anno fiscale di cui trattasi.

12. Qualora un organismo di investimento collettivo detenga partecipazioni in società con sede nei Paesi Bassi e riceva dividendi da tali società, ad esso viene concesso un rimborso dell’imposta olandese sui dividendi prelevata a suo carico mediante ritenuta alla fonte effettuata dalle società distributrici.

13. Qualora un organismo di investimento collettivo riceva dividendi da società stabilite in altri paesi e che sono state assoggettate ad imposta in tali paesi, si applica il seguente sistema.

14. Nel diritto olandese, le normali regole dirette ad evitare una doppia imposizione non prevedono l’imputazione dell’imposta estera. In realtà, il Regno dei Paesi Bassi limita la possibilità di imputare l’imposta estera all’imposta sulle società olandese alla sola parte di quest’ultima imposta ascrivibile in proporzione ai detti dividendi.

15. Considerato che gli utili di un organismo di investimento collettivo sono assoggettati ad un’aliquota pari a zero e che quindi nessuna imposta è ascrivibile proporzionalmente ai dividendi provenienti da altri paesi, la normativa olandese prevede un sistema detto di «compensazione» dell’imposta prelevata all’estero, fino a concorrenza dell’importo dell’imposta olandese che sarebbe ascrivibile a tali dividendi.

16. Tuttavia, tale sistema di compensazione comporta due limitazioni, contestate nella causa principale.

17. Da un lato, la compensazione è limitata ai casi in cui, nell’ipotesi di investimenti diretti da parte di azionisti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi, questi ultimi potrebbero avvalersi di un diritto di imputazione dell’imposta estera all’imposta olandese, in forza della legge istitutiva del regime fiscale comune o di convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione.

18. Dall’altro, l’importo della compensazione viene ridotto in funzione della partecipazione, nel capitale dell’organismo di investimento, di azionisti che non sono residenti o non sono stabiliti nei Paesi Bassi.

19. Ai sensi dell’art. 6 del decreto sugli organismi di investimento collettivo, qualora un organismo di questo tipo comprenda azionisti che non siano residenti o non siano stabiliti nei Paesi Bassi, l’importo della compensazione è calcolato secondo la seguente formula:

T = B x 7 Sr / (10 S – 3 Sr)

T rappresenta la compensazione; B rappresenta l’importo dell’imposta che sarebbe deducibile se tutti gli azionisti fossero assoggettati ad imposta nei Paesi Bassi; Sr rappresenta l’importo versato, alla data pertinente, a titolo delle azioni o delle quote nell’organismo di investimento collettivo detenute direttamente o tramite altri organismi di investimento collettivo da persone fisiche residenti nei Paesi Bassi o da organismi stabiliti nei Paesi Bassi e assoggettati all’imposta sulle società, diversi dagli organismi di investimento collettivo; S rappresenta l’importo versato, alla stessa data, a titolo di tutte le azioni o le quote circolanti dell’organismo di investimento.

20. Quanto invece agli azionisti di un organismo di investimento collettivo, essi sono assoggettati all’imposta olandese sugli utili distribuiti da tale organismo, la quale costituisce oggetto di una ritenuta alla fonte da parte dell’organismo distributore.

21. Per quanto riguarda gli azionisti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi, tale ritenuta costituisce un anticipo di imposta. La ritenuta sugli utili è imputabile all’imposta sui redditi o sulle società da essi dovuta e viene rimborsata nei limiti in cui essa superi l’importo di tali imposte. Per quando riguarda gli azionisti residenti o stabiliti in un altro paese, l’imposta trattenuta viene restituita unicamente nell’ipotesi in cui ciò sia previsto da una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione o dalla legge olandese istitutiva del regime fiscale comune.

22. Il giudice del rinvio osserva che, in forza di tale disciplina, non è l’organismo di investimento collettivo che viene assoggettato ad imposta sui dividendi che percepisce bensì, dopo distribuzione degli utili, gli azionisti di quest’ultimo.

II – Fatti e procedimento principale

23. La società Orange European Smallcap Fund NV (3) ha lo scopo di investire somme di danaro in titoli e altri elementi patrimoniali, secondo il principio della ripartizione dei rischi. Essa ha sede in Amsterdam. Ai fini fiscali, essa è considerata un organismo di investimento collettivo, ai sensi dell’art. 28 della legge in materia di imposta sulle società.

24. Essa gestisce, nel suo portafoglio, titoli emessi da imprese europee quotate in borsa. Il giudice del rinvio precisa che, nell’esercizio contabile considerato, l’OESF non deteneva in società con sede al di fuori dei Paesi Bassi partecipazioni tali da poter decidere le attività di tali società.

25. Gli azionisti dell’OESF sono persone fisiche e giuridiche. Durante l’esercizio contabile pertinente nella fattispecie, tali azionisti erano, per la maggior parte, residenti o stabiliti nei Paesi Bassi. Alcuni erano residenti o stabiliti in altri Stati membri (Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo e Regno Unito) o in paesi terzi (Stati Uniti e Svizzera).

26. Nel corso dell’esercizio contabile 1997/1998, l’OESF ha ricevuto dividendi a titolo delle sue partecipazioni in società straniere per un importo di NLG 5 257 519,15. Con riferimento ai detti dividendi l’OESF ha subito un prelievo d’imposta, mediante ritenuta alla fonte, per un importo complessivo di NLG 735 320. In tale importo erano compresi NLG 132 339 per imposte riscosse in Germania e NLG 9 905 per imposte riscosse in Portogallo.

27. Riguardo a tali imposte estere, l’OESF ha chiesto all’amministrazione fiscale olandese una compensazione, calcolata sulla base dell’importo totale di NLG 735 320.

28. L’amministrazione fiscale ha ritenuto che le imposte pagate in Germania e in Portogallo dovessero essere escluse dalla base di calcolo. Tale esclusione era giustificata dal fatto che, per quanto riguarda l’esercizio contabile di cui trattasi, la convenzione stipulata tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale di Germania, non prevedeva un diritto alla compensazione dell’imposta tedesca prelevata sui dividendi provenienti dalla Germania versati ad un residente olandese e nessuna convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione era stata stipulata tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica portoghese.

29. Pertanto, l’amministrazione fiscale ha preso come base per il calcolo della compensazione la somma di NLG 593 076. Poi, in applicazione del metodo enunciato all’art. 6 del decreto sugli organismi di investimento collettivo, applicabile qualora gli azionisti non siano esclusivamente persone fisiche o giuridiche residenti o stabilite nei Paesi Bassi, essa ha fissato l’importo della compensazione a NLG 418 013.

30. Il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam), adito con ricorso proposto dall’OESF, ha annullato la decisione dell’amministrazione fiscale e ha fissato tale importo a NLG 622 006. Tale giurisdizione ha ritenuto che tanto l’esclusione delle imposte prelevate in Germania e Portogallo dalla base per il calcolo della compensazione, quanto la diminuzione di quest’ultima proporzionalmente alla partecipazione di azionisti residenti o stabiliti all’estero nel capitale dell’OESF costituissero un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione dei capitali.

31. Lo Staatssecretaris van Financiën (segretario di Stato alle finanze) ha proposto ricorso per cassazione contro tale pronuncia. Esso ha contestato la posizione della Corte d’appello di Amsterdam per quanto riguarda tanto la presa in considerazione delle imposte prelevate in Germania e in Portogallo quanto la riduzione della compensazione in funzione della partecipazione di azionisti residenti o stabiliti al di fuori dei Paesi Bassi.

III – Rinvio pregiudiziale

32. Lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’art. 56 CE, in combinato disposto con l’art. 58, n. 1, CE, debba essere interpretato nel senso che contrasta con il divieto di cui al detto art. 56 CE la normativa di uno Stato membro che – per le ragioni indicate alla fine del punto 5.2.1 della presente ordinanza – preveda, in riferimento alla compensazione fiscale riconosciuta agli organismi fiscali di investimento in ragione delle ritenute alla fonte effettuate in un altro Stato membro sui dividendi ricevuti da tali organismi,

a) una limitazione di tale compensazione fino all’importo che una persona fisica residente nei Paesi Bassi avrebbe potuto imputare in forza di una convenzione fiscale conclusa con un altro Stato membro;

b) una limitazione di tale compensazione se e nella misura in cui gli azionisti dell’organismo fiscale di investimento non siano persone fisiche residenti nei Paesi Bassi o enti assoggettati all’imposta sulle società nei Paesi Bassi.

2) Nell’eventualità che la prima questione sia risolta in tutto o in parte affermativamente:

a) se la nozione di “investimenti diretti” di cui all’art. 57, n. 1, CE comprenda anche la detenzione di un pacchetto azionario di una società, laddove il titolare lo detenga unicamente a fini di investimento e l’entità della partecipazione non consenta al titolare di esercitare un’influenza decisiva sull’amministrazione o sul controllo della società;

b) se ai sensi dell’art. 56 CE qualsiasi limitazione dei movimenti di capitali attinente al prelievo di imposte, che sarebbe ingiustificata laddove riguardasse la circolazione transfrontaliera di capitali all’interno della CE, sia del pari ingiustificata nel caso di uno stesso movimento di capitali – in circostanze per il resto uguali – provenienti da paesi terzi o ivi destinati;

c) nell’ipotesi in cui la soluzione della questione 2) b) dovesse essere negativa, se l’art. 56 debba essere interpretato nel senso che è incompatibile con tale articolo la limitazione, da parte di uno Stato membro, di una compensazione a favore di un organismo fiscale di investimento riguardo alla ritenuta alla fonte su dividendi provenienti da un paese terzo, limitazione che sia fondata sulla circostanza che non tutti gli azionisti dell’organismo fiscale di investimento sono residenti nel detto Stato membro.

3) Se per la soluzione delle precedenti questioni faccia differenza la circostanza

a) che l’imposta trattenuta in un altro paese sui dividendi provenienti da tale paese sia più elevata rispetto all’imposta cui sono assoggettati, nello Stato membro di stabilimento dell’organismo fiscale di investimento, i dividendi ridistribuiti agli azionisti stranieri;

b) che gli azionisti dell’organismo fiscale di investimento, residenti al di fuori dello Stato membro di stabilimento dell’organismo fiscale di investimento, risiedano o siano stabiliti in un paese con il quale il detto Stato membro ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, la possibilità di imputare le ritenute alla fonte effettuate sui dividendi;

c) che gli azionisti stranieri dell’organismo di investimento collettivo, soggetto a imposizione, risiedano o siano stabiliti in un altro Stato membro della Comunità europea».

IV – Analisi

33. Prima di esaminare le questioni sottoposte dal giudice del rinvio, è opportuno ricordare gli orientamenti della giurisprudenza relativa alla delimitazione della competenza degli Stati membri in materia di tassazione dei dividendi, in particolare quelli riguardanti i meccanismi destinati a prevenire i casi di doppia imposizione sugli utili di una società e quelli relativi all’impatto delle convenzioni bilaterali.

A – Gli orientamenti della giurisprudenza

1. Ambito generale

34. La tassazione dei dividendi rientra nell’ambito della fiscalità diretta, che, sino ad oggi, non costituisce oggetto, nel Trattato, di un’espressa attribuzione di competenza alla Comunità. Gli Stati membri possono quindi determinare sovranamente le condizioni del loro potere impositivo, vale a dire l’aliquota, la base imponibile, le modalità di riscossione e l’ambito di applicazione del loro potere impositivo, in maniera unilaterale o convenzionale, mediante convenzioni internazionali.

35. Tuttavia, come ricorda costantemente la Corte, tale competenza non è senza limiti. Infatti, essa deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario e, in particolare, delle libertà di circolazione previste dal Trattato (4).

36. La delimitazione della competenza degli Stati membri dettata da tali libertà di circolazione si è tradotta in due principi. Il primo è il divieto di misure discriminatorie: il contribuente proveniente da un altro Stato membro non deve costituire oggetto di un trattamento fiscale discriminatorio da parte dello Stato membro di accoglienza. Il secondo principio consiste nel divieto, per lo Stato membro di origine, di ostacolare la libertà di circolazione dei suoi cittadini. Si tratta del divieto relativo agli «ostacoli all’uscita».

37. Nell’ambito della libertà di circolazione dei capitali applicata all’imposizione sugli utili delle società, tali due principi si traducono nella giurisprudenza, da un lato, nel divieto di misure fiscali di uno Stato membro che ostacolino la raccolta, da parte di società straniere, di capitali in tale Stato e, dall’altro, nel divieto di misure fiscali di uno Stato membro che dissuadano i contribuenti di tale Stato ad investire i loro capitali in società stabilite all’estero, con la particolarità che, a differenza delle altre libertà di circolazione garantite dal Trattato, tali divieti non si limitano agli scambi intracomunitari ma si estendono anche agli scambi con i paesi terzi.

38. Conformemente al principio di non discriminazione, attuato mediante le varie libertà di circolazione previste dal Trattato, uno Stato membro non può applicare norme fiscali diverse a situazioni analoghe ovvero la stessa norma fiscale a situazioni diverse. Inoltre, tale principio non vieta solo le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza (5). Esso osta anche a tutte quelle che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conducano allo stesso risultato.

39. Nel settore della fiscalità diretta, il principio di non discriminazione e la competenza riservata degli Stati membri hanno avuto modo di assumere opposto rilievo, in particolare, a proposito dei provvedimenti nazionali che prevedono un trattamento distinto in funzione della residenza del contribuente.

40. Da un lato, infatti, il criterio della residenza fiscale è quello che, in linea di principio, delimita le rispettive competenze impositive degli Stati membri. Così, gli Stati membri, di regola, assoggettano ad imposta i contribuenti persone fisiche e giuridiche residenti nel loro territorio e tassano i contribuenti non residenti sugli utili che risultano da un’attività esercitata nel detto territorio. Analogamente, essi prevedono vantaggi fiscali il cui beneficio è limitato ai contribuenti residenti, come nel caso delle misure destinate a tener conto delle situazioni personali e familiari, in quanto essi sono nella posizione migliore per valutarle. A tal proposito, la Corte ha dichiarato che la situazione dei contribuenti residenti e quella dei contribuenti non residenti non sono di regola analoghe (6).

41. Dall’altro lato, una normativa nazionale di uno Stato membro che riserva vantaggi fiscali ai residenti del territorio nazionale è a beneficio principalmente dei cittadini di tale Stato, in quanto, nel maggior parte dei casi, i non residenti sono perlopiù cittadini di altri paesi. Una normativa fondata sul criterio della residenza può quindi costituire una discriminazione indiretta legata alla cittadinanza (7).

42. Tale opposto rilievo dei due detti principi trova formulazione nell’art. 58 CE, ai sensi del quale l’art. 56 CE non pregiudica il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale, a condizione tuttavia che tali disposizioni non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti.

43. Una normativa nazionale che opera una distinzione tra i contribuenti in funzione del loro luogo di residenza o del luogo di collocamento del loro capitale può quindi essere considerata compatibile con gli artt. 56 CE e 58 CE solo se tale differenza di trattamento riguardi situazioni che non sono oggettivamente paragonabili ai fini dell’applicazione della misura fiscale di cui trattasi.

44. In caso contrario, se le situazioni a confronto sono obiettivamente paragonabili, una tale distinzione, secondo la giurisprudenza, è conforme al diritto comunitario solo se è giustificata da uno dei motivi di cui all’art. 58, n. 1, lett. b), CE o da motivi imperativi di interesse generale, quale la necessità di salvaguardare la coerenza del regime tributario, e se non eccede quanto necessario per il conseguimento dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (8).

2. Misure per prevenire o attenuare una doppia imposizione.

45. In diverse sentenze, la Corte ha precisato la portata di tale delimitazione generale della competenza degli Stati membri in materia di fiscalità diretta nel caso di provvedimenti statali, unilaterali o convenzionali, diretti a prevenire e ad attenuare una doppia imposizione sugli utili distribuiti dalle società.

46. In primo luogo, occorre ricordare che gli utili di una società possono costituire oggetto di una doppia imposizione in vari casi. Ad esempio, essi possono costituire oggetto di un’«imposizione a catena» o di una «doppia imposizione economica» qualora siano tassati in capo a due contribuenti diversi, una prima volta presso la società nell’ambito dell’imposizione sugli utili, una seconda volta presso l’azionista al quale essi sono distribuiti, in sede di applicazione dell’imposta sulle società o dell’imposta sui redditi, a seconda che tale azionista sia una società o un privato.

47. Tali utili possono anche costituire oggetto di una «doppia imposizione giuridica», qualora uno stesso contribuente sia soggetto a due imposizioni sullo stesso reddito. Tale situazione può verificarsi quando l’azionista che riceve i dividendi è soggetto, da un lato, ad una ritenuta alla fonte su tali dividendi da parte dello Stato membro nel quale la società distributrice è stabilita e, dall’altro, all’imposta sui redditi a titolo di tali dividendi nel suo Stato di residenza.

48. L’interpretazione della giurisprudenza in tale materia parte dalla premessa secondo cui una doppia imposizione non è, in linea generale, contraria al diritto comunitario.

49. Infatti, nessuna misura relativa alla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri diretta a eliminare le doppie imposizioni è stata adottata nell’ambito del Trattato. Le doppie imposizioni sono vietate solo da alcune direttive, come la direttiva del Consiglio 90/435/CEE (9), che non sono pertinenti nella fattispecie (10). Inoltre, fatta eccezione per la convenzione 90/436/CEE (11), gli Stati membri non hanno stipulato nessuna convenzione multilaterale a tal fine, ai sensi dell’art. 293 CE.

50. Da tale premessa derivano due conseguenze. Da un lato, se una doppia imposizione risulta dall’esercizio da parte degli Stati membri delle rispettive competenze, quali l’imposizione sul reddito di un contribuente da parte dello Stato di residenza e l’imposizione sui dividendi del medesimo contribuente da parte di uno Stato nel cui territorio tali dividendi sono stati percepiti, essa non costituisce, in quanto tale, un’infrazione al diritto comunitario (12).

51. Dall’altro, in mancanza di specifiche misure e di una convenzione multilaterale a tal fine, gli Stati membri sono liberi di fissare i criteri per la ripartizione tra di essi del potere impositivo e di adottare, unilateralmente o attraverso convenzioni bilaterali, le misure necessarie per prevenire i casi di doppia imposizione. Tuttavia, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri, nell’ambito di misure tanto unilaterali che convenzionali, devono rispettare i precetti del diritto comunitario e, in particolare quelli derivanti dalle libertà di circolazione (13).

52. Diverse cause hanno consentito alla Corte di chiarire la portata di tale obbligo per quanto riguarda la tassazione da parte degli Stati membri, da un lato, dei dividendi distribuiti all’interno del paese, come Stato di residenza dell’azionista, e, dall’altro, dei dividendi versati all’estero, come Stato della fonte di tali dividendi.

53. Per quanto riguarda la tassazione dei dividendi distribuiti all’interno del paese, risulta dalla giurisprudenza che, se uno Stato membro assoggetta ad imposta l’insieme dei dividendi che i contribuenti residenti percepiscono e adotta delle disposizioni per prevenire o attenuare la doppia imposizione economica di tali dividendi, esso non può limitare il vantaggio di tali disposizioni ai dividendi di origine nazionale, ma deve estendere tale vantaggio ai dividendi versati dalle società stabilite in altri Stati membri (14).

54. La Corte ha dichiarato che tale parità di trattamento s’imponeva in quanto, alla luce della finalità di tali disposizioni, la situazione di un contribuente che percepiva dividendi provenienti da altri Stati membri era paragonabile a quella di un contribuente che percepiva dividendi di origine nazionale dal momento che, in entrambi i casi, tali dividendi potevano essere oggetto di un’imposizione a catena o di una doppia imposizione economica che le dette disposizioni avevano precisamente lo scopo di prevenire o attenuare (15).

55. Per quanto riguarda la tassazione dei dividendi versati all’estero, è parimenti giurisprudenza consolidata che, a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o in via convenzionale, assoggetta all’imposta sul reddito non solo gli azionisti residenti, ma anche gli azionisti non residenti, per i dividendi che percepiscono da una società residente, tale Stato deve vigilare affinché, rispetto al meccanismo previsto dal suo diritto nazionale per prevenire o attenuare l’imposizione a catena, gli azionisti non residenti siano soggetti ad un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano gli azionisti residenti (16).

56. Nella fattispecie, la parità di trattamento s’impone allo Stato membro della fonte dei dividendi in quanto tale Stato ha deciso di esercitare la sua competenza fiscale non solo sui dividendi versati agli azionisti residenti, ma anche sui dividendi distribuiti agli azionisti non residenti (17).

3. Effetti delle convenzioni bilaterali

57. L’esame della giurisprudenza relativa agli effetti delle convenzioni bilaterali in materia tributaria consente di trarre quattro indicazioni pertinenti per la presente causa.

58. La prima indicazione è che i diritti derivanti dalle libertà di circolazione in seno all’Unione europea garantite dal Trattato sono assoluti e uno Stato membro non può far dipendere la loro osservanza dal contenuto di una convenzione stipulata con un altro Stato membro (18). In altri termini, uno Stato membro non può subordinare tali diritti ad una convenzione di reciprocità stipulata con un altro Stato membro allo scopo di ottenere vantaggi corrispondenti in tale Stato (19).

59. La seconda indicazione è che, in presenza di una misura fiscale di uno Stato membro che ostacoli una libertà di circolazione prevista dal Trattato, una convenzione bilaterale può essere presa in conto qualora neutralizzi tale ostacolo (20). La Corte esamina se l’applicazione combinata della legislazione di cui trattasi e della convenzione bilaterale lasci sussistere una restrizione alla libertà di circolazione applicabile (21) o rinvii tale valutazione al giudice nazionale (22).

60. La terza indicazione è che, qualora un contribuente non residente si trovi nella stessa situazione di un contribuente residente, egli deve, in forza del principio del trattamento nazionale, beneficiare, alle stesse condizioni del contribuente residente, dei vantaggi derivanti da una convenzione bilaterale stipulata tra lo Stato membro di residenza e un paese terzo (23).

61. La quarta indicazione è che il diritto comunitario non impone a uno Stato membro di estendere a un contribuente non residente, che non si trovi in una situazione paragonabile a quella di un contribuente residente, il beneficio di una convenzione bilaterale stipulata con un paese diverso da quello del contribuente non residente (24). In altri termini, il diritto comunitario, in materia tributaria, non impone ad uno Stato membro di concedere a un residente di un altro Stato membro il beneficio della clausola della nazione più favorita.

62. È in riferimento a tali orientamenti della giurisprudenza che esaminerò le questioni pregiudiziali sottoposte dallo Hoge Raad der Nederlanden.

B – Le questioni pregiudiziali

1. Introduzione

a) Sulla libertà di circolazione applicabile

63. In primo luogo, occorre ricordare che la riscossione, da parte di un’azionista residente o stabilito in uno Stato membro, di dividendi provenienti da società non residenti costituisce un movimento di capitale ai sensi dell’art. 56 CE (25).

64. La normativa di uno Stato membro relativa alla tassazione dei dividendi può quindi rientrare nell’ambito sia delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di circolazione dei capitali, sia di quelle relative alla libertà di stabilimento, sia di entrambe le libertà. Qualora la partecipazione dell’azionista nel capitale di una società non gli consenta di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di tale società né di indirizzarne le attività, si applicano solo le disposizioni dell’art. 56 CE (26).

65. Risulta dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio che la partecipazione dell’OESF nel capitale delle società distributrici, durante l’esercizio contabile pertinente, non le consentiva di indirizzare le attività di tali società. Pertanto, è alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di circolazione dei capitali e tenuto conto soltanto di queste ultime che esaminerò la compatibilità delle limitazioni controverse con il diritto comunitario.

b) Sul contenuto delle questioni pregiudiziali e l’ordine del loro esame

66. Il giudice del rinvio sottopone tre serie di questioni pregiudiziali, Con la prima questione, lett. a) e b), egli interroga la Corte sulla compatibilità delle due limitazioni di cui trattasi con le disposizioni degli artt. 56 CE e 58 CE.

67. Con la seconda questione, lett. a)-c), alla quale collego la terza questione, lett. b) e c), egli vuol sapere quali conseguenze occorre trarre dal fatto che un organismo di investimento collettivo come l’OESF ha investito in paesi terzi e ha esso stesso azionisti residenti o stabiliti in paesi terzi.

68. Infine, con la terza questione, lett. a), il giudice del rinvio chiede se la circostanza che la ritenuta fiscale effettuata in un altro paese è più elevata rispetto alla ritenuta a cui sono assoggettati, nello Stato membro di stabilimento dell’organismo di investimento collettivo, i dividendi ridistribuiti agli azionisti stranieri, influisca sulle risposte date alle questioni precedenti.

69. Esaminerò una dopo l’altra tali tre serie di questioni.

2. Sulla prima serie di questioni pregiudiziali

a) Sulla prima questione, lett. a)

70. Con la prima questione, lett. a), il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli artt. 56 CE e 58 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro come la normativa olandese di cui trattasi, la quale, prevedendo a favore di organismi di investimento collettivo una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati a detti organismi, limita tale compensazione all’importo che una persona fisica residente nel territorio olandese avrebbe potuto imputare in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione conclusa con l’altro Stato membro.

71. Con tale questione, il detto giudice chiede se il rifiuto, da parte dell’autorità fiscale olandese, di prendere in considerazione le imposte versate dall’OESF in Germania e in Portogallo sui dividendi provenienti da tali Stati sia contrario agli artt. 56 CE e 58 CE.

72. Il giudice del rinvio fa presente che egli sottopone tale domanda alla Corte tenuto conto del fatto che un organismo di investimento collettivo che riceve dividendi da società stabilite nei Paesi Bassi beneficia del rimborso integrale dell’imposta olandese sui dividendi ritenuta alla fonte da tali società.

73. L’OESF e la Commissione delle Comunità europee sostengono che, alla luce di tale considerazione, il regime controverso opera una differenza di trattamento non giustificata tra le imposte ritenute alla fonte in Germania e in Portogallo e quelli ritenute alla fonte nei Paesi Bassi ed è, di conseguenza, contrario al diritto comunitario.

74. Inoltre, l’OESF osserva che tale regime contrasta altresì con gli artt. 56 CE e 58 CE in quanto, in caso di investimento in qualsiasi Stato membro diverso dalla Germania e dal Portogallo, l’organismo di investimento ottiene una compensazione destinata a prevenire o ad attenuare la doppia imposizione dei dividendi.

75. Il governo olandese sostiene invece che il regime controverso è conforme al diritto comunitario. Infatti, a suo parere, tale regime non opererebbe nessuna distinzione in funzione dell’origine dei dividendi in quanto il rimborso dell’imposta olandese costituirebbe, in realtà, un’esenzione, ragion per cui gli organismi di investimento collettivo non sarebbero assoggettati a imposta né sui dividendi nazionali né sui dividendi stranieri. Di conseguenza, la doppia imposizione che grava sui dividendi provenienti dalla Germania e dal Portogallo deriverebbe, nella fattispecie, dall’esercizio, per ognuno di tali Stati membri, della loro competenza in materia tributaria e la situazione nel caso di specie sarebbe paragonabile a quella della causa che ha dato luogo alla citata sentenza Kerckhaert e Morres.

76. Inoltre, il governo olandese fa presente che il fatto che l’imposta prelevata in Germania e in Portogallo non dia luogo ad una compensazione, contrariamente alle ritenute alla fonte effettuate in altri Stati membri come l’Italia, sarebbe inerente al contenuto delle convenzioni bilaterali stipulate con tali altri Stati, sicché, sotto tale aspetto, la situazione nel caso di specie sarebbe paragonabile a quella della causa che ha dato luogo alla citata sentenza D.

77. Condivido il parere del governo olandese per quanto riguarda la prima parte della sua analisi. Contrariamente all’OESF e alla Commissione, non ritengo che il regime fiscale controverso debba essere considerato contrario al diritto comunitario se raffronto il trattamento, in tale regime, dei dividendi provenienti dalla Germania e dal Portogallo con quello dei dividendi originati nei Paesi Bassi.

78. Per contro, alla stregua dell’OESF, sono del parere che il regime di cui trattasi sia nettamente in contrasto con gli artt. 56 CE e 58 CE in quanto applica ai dividendi provenienti dalla Germania e dal Portogallo un trattamento meno favorevole rispetto a quello riservato ai dividendi originati negli altri Stati membri. A mio parere, la limitazione del beneficio della compensazione previsto da tale regime alle imposte ritenute alla fonte negli Stati membri diversi dalla Germania e dal Portogallo non può essere considerata come una differenza di trattamento inerente alle convenzioni bilaterali stipulate tra il Regno dei Paesi Bassi e gli Stati membri, ai sensi della citata sentenza D.

79. Riprenderò uno dopo l’altro ognuno di tali punti.

80. In primo luogo, occorre ricordare che, in forza del regime fiscale controverso, un organismo di investimento collettivo è assoggettato ad imposta sugli utili ad aliquota zero e che i suoi azionisti sono soggetti ad imposta sull’insieme degli utili a loro distribuiti da quest’ultimo, qualunque sia la loro provenienza, vale a dire tanto i dividendi versati da società stabilite nei Paesi Bassi quanto quelli di origine straniera. Gli utili distribuiti ad un organismo di investimento collettivo da società stabilite in Germania e in Portogallo fanno pertanto parte degli utili assoggettati ad imposta nei Paesi Bassi al momento della loro distribuzione agli azionisti di tale organismo, mediante ritenuta alla fonte effettuata da quest’ultimo.

81. Inoltre, è pacifico che l’imposta sui dividendi olandese, ritenuta alla fonte dalle società stabilite nei Paesi Bassi, viene rimborsata all’organismo di investimento collettivo e che tale organismo ottiene dal Regno dei Paesi Bassi una compensazione a titolo delle imposte ritenute alla fonte negli Stati membri diversi dalla Germania e dal Portogallo .

82. In tali condizioni, è più vantaggioso, per un organismo di investimento collettivo, investire in società stabilite nei Paesi Bassi nonché in Stati membri diversi dalla Germania e dal Portogallo che in società stabilite in questi ultimi due Stati. Infatti, mentre i dividendi originati nei Paesi Bassi sono assoggettati ad imposta una sola volta a livello degli azionisti e mentre i dividendi originati negli Stati membri diversi dalla Germania e dal Portogallo danno luogo ad una compensazione in ragione dell’imposta ritenuta alla fonte, i dividendi provenienti da tali due ultimi Stati rimangano assoggettati ad una doppia imposizione.

83. Tale differenza di trattamento può quindi dissuadere gli organismi di investimento collettivo dall’investire in Germania e in Portogallo e costituire un ostacolo alla raccolta, da parte di tali organismi di capitali, nei Paesi Bassi per il tramite di società stabilite nei detti due Stati membri.

84. Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza, tali restrizioni sono in contrasto con le disposizioni degli artt. 56 CE e 58 CE solo se sono la conseguenza di una discriminazione, palese o dissimulata, vale a dire se esse sono imputabili ad un stesso regime fiscale di uno Stato membro che applichi una norma diversa a situazioni analoghe o la stessa norma a situazioni diverse.

85. Se confrontiamo il trattamento, nel regime fiscale controverso, dei dividendi originati in Germania e in Portogallo con quello dei dividendi originati nei Paesi Bassi, ponendoci nella prospettiva dell’organismo di investimento collettivo, vediamo come tali dividendi, qualunque sia la loro origine, non sono assoggettati ad imposta dal diritto olandese.

86. Infatti, come osserva il governo olandese, il rimborso dell’imposta olandese sui dividendi, prelevata mediante ritenuta alla fonte effettuata dalle società distributrici stabilite nei Paesi Bassi, equivale in realtà ad esentare l’organismo di investimento collettivo da tale imposta. La ritenuta alla fonte effettuata dalle dette società costituisce, infatti, solo una modalità di riscossione dell’imposta sui dividendi dovuti dal loro beneficiario (27). Dal momento che un organismo di investimento collettivo è assoggettato ad imposta sui suoi utili ad aliquota zero, è logico che tale ritenuta alla fonte gli sia rimborsata (28).

87. Analogamente, i dividendi versati a un tale organismo da società stabilite in Germania e in Portogallo non sono assoggettati ad imposta dal diritto olandese a livello di tale organismo. Pertanto, in tale fase, il diritto olandese non applica ai dividendi originati in Germania e in Portogallo un trattamento diverso da quello riservato ai dividendi olandesi.

88. Se poi esaminiamo il regime fiscale controverso secondo la prospettiva degli azionisti di un organismo di investimento collettivo, vediamo che questi ultimi sono assoggettati ad imposta dal diritto olandese sull’insieme degli utili versati, dal detto organismo, senza che venga fatta distinzione in base all’origine dei dividendi ottenuti da quest’ultimo. Detto regime, in tale fase, non prevede neppure norme diverse per i dividendi originati in Germania e in Portogallo e quelli originati nei Paesi Bassi.

89. Alla luce di tale analisi, il fatto che i dividendi originati in Germania e in Portogallo sono soggetti ad una pressione fiscale più onerosa che i dividendi originati nei Paesi Bassi non risulta da una differenza di trattamento imputabile al regime fiscale del Regno dei Paesi Bassi, ma deriva dalla decisione dei governi tedesco e portoghese di assoggettare ad imposta l’OESF sui dividendi versati a tale organismo da società stabilite nei territori dei detti Stati membri.

90. Pertanto, la situazione nel caso di specie è diversa, a mio parere, da quella oggetto della causa che ha dato luogo alla citata sentenza Manninen, alla quale hanno fatto riferimento il giudice del rinvio, l’OESF e la Commissione. Infatti, in quella causa, la normativa finlandese concedeva alle persone assoggettate ad imposta a titolo principale in Finlandia un credito d’imposta per i dividendi versati dalle società stabilite in tale Stato membro. Tale credito d’imposta aveva come obiettivo di prevenire la doppia imposizione economica di tali dividendi. Si trattava di imputare l’importo dovuto dalla società distributrice di detti dividendi a titolo dell’imposta sulle società all’importo dovuto dall’azionista a titolo dell’imposta sul reddito.

91. Tale credito d’imposta si distingue dal sistema di rimborso in questione nella presente causa sotto un duplice profilo.

92. Da un lato, come si è visto, tale rimborso non è diretto a tener conto dell’imposta sulle società dovuta dalle società stabilite nei Paesi Bassi, ma ad esentare un organismo di investimento collettivo dall’imposta sui dividendi. Dall’altro, la normativa in questione nella citata causa Manninen prevedeva un trattamento diverso per situazioni assimilabili, in quanto il credito d’imposta era riservato ai dividendi versati da società nazionali, mentre un azionista finlandese era assoggettato ad imposta anche in Finlandia sui dividendi originati in altri Stati membri senza che il diritto finlandese recasse alcuna disposizione per tener conto dell’imposta sulle società versata dalle società distributrici all’estero.

93. Analogamente, l’esenzione alla quale perviene il regime controverso è diversa da quella prevista dalla legge olandese in questione nella causa decisa dalla citata sentenza Verkooijen, alla quale anche l’OESF e la Commissione hanno fatto riferimento. Infatti, tale legge prevedeva un’esenzione dall’imposta sul reddito alla quale erano soggetti i dividendi versati ad azionisti persone fisiche a condizione che i dividendi fossero distribuiti da società con sede nei Paesi Bassi.

94. Dato che tali azionisti erano assoggettati ad imposta nei Paesi Bassi sull’insieme dei dividendi che percepivano, compresi quelli originati in altri Stati membri, la limitazione dell’esenzione ai dividendi nazionali costituiva proprio una differenza di trattamento tra questi ultimi dividendi e i dividendi originati in altri Stati membri.

95. Ora, come ricordato, il regime fiscale olandese degli organismi di investimento collettivo, non tratta in maniera diversa i dividendi originati nei Paesi Bassi e quelli provenienti dalla Germania e dal Portogallo.

96. Di conseguenza, la questione che si pone nella fattispecie è se il Regno dei Paesi Bassi, in una tale situazione, fosse obbligato dal diritto comunitario a prevedere una compensazione dell’imposta ritenuta alla fonte in Germania e in Portogallo per il fatto che i dividendi originati nei Paesi Bassi non erano soggetti ad una doppia imposizione.

97. Ritengo che la risposta debba essere negativa, in quanto il diritto comunitario, in una situazione siffatta, non impone né alla Germania e al Portogallo, né ai Paesi Bassi di rinunciare al loro potere impositivo. Sono del parere, come il governo olandese, che la situazione nella fattispecie possa essere assimilata a quella della causa che ha dato luogo alla citata sentenza Kerckhaert e Morres.

98. Come nella suddetta causa, ci troviamo dinanzi ad una situazione nella quale i dividendi originati in altri Stati membri costituiscono oggetto di un trattamento identico da parte della normativa nazionale contestata e sono soggetti ad una doppia imposizione a motivo dell’esercizio, da parte degli Stati suddetti, del loro potere impositivo alla fonte. In quella sentenza, la Corte ha statuito che le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali non ostano alla normativa di uno Stato membro che, nell’ambito dell’imposta sul reddito, assoggetti alla stessa aliquota d’imposta uniforme i dividendi di azioni di società stabilite nel territorio del detto Stato e i dividendi di azioni di società stabilite in un altro Stato membro, senza prevedere la possibilità di imputare l’imposta prelevata mediante ritenuta alla fonte in quest’altro Stato membro.

99. Tale soluzione mi sembra trasponibile nella fattispecie. Il fatto che il Regno dei Paesi Bassi abbia sia la qualità di Stato di residenza del contribuente, se si esamina il regime controverso al livello della tassazione degli organismi di investimento collettivo, sia quella dello Stato della fonte dei dividendi, se si esamina tale regime al livello della tassazione degli azionisti di tali organismi, non modifica tale analisi.

100. Invece, non condivido il parere del governo olandese se raffronto il trattamento, nell’ambito del regime fiscale controverso, dei dividendi originati in Germania e in Portogallo con quello dei dividendi originati in altri Stati membri.

101. Come ho precedentemente sottolineato, le libertà di circolazione ostano a qualsiasi normativa di uno Stato membro che preveda senza giustificazione regole differenti per situazioni identiche o una stessa regola per situazioni diverse. Come risulta dalla sentenza 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (29), tale divieto di misure discriminatorie non riguarda soltanto le disparità di trattamento tra un contribuente residente che investe nello Stato di residenza e un contribuente residente che investe in un altro Stato dell’Unione. Esso si applica anche alle misure nazionali che prevedono un regime differenziato a seconda degli Stati membri e che trattano gli investimenti in uno Stato dell’Unione in modo meno favorevole rispetto a quelli effettuati in un altro Stato membro.

102. Certamente, nella citata sentenza D si è statuito che il diritto comunitario non imponeva ai Paesi Bassi di estendere al sig. D., cittadino tedesco residente in Germania, il beneficio della convenzione bilaterale stipulata tra il Regno dei Paesi Bassi e il Regno di Belgio. Il sig. D. non poteva quindi pretendere di ottenere quel medesimo abbattimento sull’imposta patrimoniale dovuta nei Paesi Bassi che un contribuente residente in Belgio posto in una situazione simile avrebbe ottenuto in applicazione della detta convenzione.

103. In quella causa, la Corte ha affermato che la disparità di trattamento così operata tra il sig. D. e un contribuente residente in Belgio non era contraria al diritto comunitario in quanto tali soggetti non si trovavano nella stessa situazione. La Corte ha fondato tale valutazione su una duplice constatazione: da un lato, tale contribuente, in quanto persona fisica residente in Belgio, rientrava nell’ambito della detta convenzione, e dall’altro, il fatto che i diritti e gli obblighi reciproci previsti da quest’ultima si applicavano esclusivamente alle persone residenti in uno dei due Stati membri contraenti era una conseguenza inerente alle convenzioni bilaterali dirette a prevenire la doppia imposizione. La Corte ne ha dedotto che la disposizione della convenzione belga-olandese che concedeva il beneficio dell’abbattimento ad un residente in Belgio non costituiva un vantaggio isolabile dal resto di quest’ultima, ma ne costituiva parte integrante e contribuiva al suo equilibrio generale (30).

104. Ne deriva che è la necessità di preservare l’equilibrio e la reciprocità degli impegni assunti in maniera bilaterale a giustificare la limitazione dell’ambito di applicazione di tali convenzioni alle persone fisiche e giuridiche contemplate da queste ultime. Pertanto, è tale esigenza che porta a considerare non discriminatoria la disparità di trattamento così creata tra cittadini di Stati membri diversi che, a prescindere dalle disposizioni di tali convenzioni, si trovano nella stessa situazione.

105. Poiché la giurisprudenza elaborata nella citata sentenza D appare così come un’eccezione al principio di non discriminazione, essa deve, a mio parere, costituire l’oggetto di un’interpretazione restrittiva. Per tale motivo, non ritengo che tale giurisprudenza sia trasponibile nella fattispecie.

106. Infatti, se esaminiamo la situazione di un organismo di investimento collettivo che investe in Germania e in Portogallo e quella di un organismo di investimento collettivo che investe in un altro Stato membro come la Repubblica italiana, notiamo che né il primo organismo né il secondo rientrano nell’ambito di una convenzione bilaterale diretta a prevenire la doppia imposizione.

107. La circostanza che l’organismo che investe in Italia beneficia di una compensazione per la ritenuta alla fonte effettuata sui dividendi originati in tale Stato non deriva quindi dall’applicazione automatica della convenzione bilaterale stipulata tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica italiana, bensì da una decisione unilaterale del governo olandese di estendere il beneficio di tale convenzione agli organismi di investimento collettivo. Pertanto, non si può affermare che il diritto di tali organismi alla compensazione delle imposte ritenute alla fonte in uno Stato membro che abbia concluso una convenzione bilaterale con il Regno dei Paesi Bassi costituisca parte integrante di tale convenzione e contribuisca al suo equilibrio generale. L’estensione del diritto di compensazione ai dividendi originati in Germania e in Portogallo non mette quindi in pericolo l’equilibrio e la reciprocità degli impegni contenuti nelle convenzioni bilaterali stipulate dal Regno dei Paesi Bassi.

108. Stanti tali premesse, sono del parere che la Corte debba garantire il rispetto del principio di non discriminazione, che costituisce il fondamento stesso del mercato interno e che si impone agli Stati membri nell’esercizio delle loro competenze in materia fiscale. A mio parere, a partire dal momento in cui il legislatore olandese ha deciso di concedere ad organismi di investimento collettivo una compensazione per le ritenute alla fonte applicate ai dividendi originati in taluni Stati membri, malgrado che – come indicato dallo stesso legislatore olandese – non vi fosse obbligato in forza delle convenzioni bilaterali stipulate con tali Stati, esso non poteva escludere da tale vantaggio i dividendi provenienti da altri Stati membri, come la Germania e il Portogallo.

109. Di conseguenza, suggerisco alla Corte di risolvere la prima questione, lett. a), nel senso che gli artt. 56 CE e 58 CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro come la normativa olandese di cui trattasi che, prevedendo a favore di organismi di investimento collettivo una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati ai detti organismi, limita tale compensazione all’importo che una persona fisica residente nel territorio olandese avrebbe potuto imputare in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione conclusa con l’altro Stato membro.

b) Sulla prima questione, lett. b)

110. Con la prima questione, lett. b), il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli artt. 56 CE e 58 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro che, prevedendo a favore di organismi di investimento collettivo una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati a detti organismi, dispone una limitazione di tale compensazione, se e nella misura in cui gli azionisti dell’organismo interessato siano persone fisiche non residenti nei Paesi Bassi o organismi non soggetti all’imposta olandese sulle società.

111. Con tale questione, il detto giudice chiede se la riduzione della compensazione concessa all’OESF proporzionalmente alla partecipazione nel capitale di quest’ultima di azionisti residenti o stabiliti in Stati membri diversi dai Paesi Bassi (Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo e Regno Unito) e in paesi terzi (Stati Uniti e Svizzera) sia conforme alla libertà di circolazione dei capitali.

112. Il giudice del rinvio fa presente che egli sottopone tale domanda alla Corte in relazione al fatto che un organismo di investimento collettivo che investe nei Paesi Bassi beneficia del rimborso delle ritenute alla fonte sui dividendi di origine nazionale a prescindere dal luogo di residenza o di stabilimento dei suoi azionisti.

113. A differenza della Commissione, ritengo che il regime controverso sia contrario al diritto comunitario sotto questo aspetto. Come già visto nell’ambito dell’esame della compatibilità della prima limitazione con il diritto comunitario, l’esenzione degli organismi di investimento collettivo dall’imposta olandese sui dividendi non obbligava il Regno dei Paesi Bassi a prevedere un sistema di imputazione delle ritenute alla fonte sui dividendi stranieri.

114. Di conseguenza, il fatto che un organismo di investimento collettivo subisca una diminuzione della compensazione destinata a tener conto delle ritenute alla fonte sui dividendi originati in altri paesi in ragione della partecipazione al suo capitale di azionisti stranieri, non è in contrasto con il diritto comunitario in relazione al fatto che tale organismo è esentato dall’imposta olandese sui dividendi a prescindere dal luogo di residenza o di stabilimento dei suoi azionisti.

115. Per contro, sono del parere che la limitazione controversa sia in contrasto con gli artt. 56 CE e 58 CE allorché si esaminano i suoi effetti sui movimenti di capitali tra un organismo collettivo e i suoi azionisti.

116. In primo luogo, infatti, la limitazione di cui trattasi restringe tali movimenti di capitali. Invero, un organismo di investimento collettivo nel quale tutti gli azionisti sono residenti o sono stabiliti nei Paesi Bassi e che investe all’estero beneficia di una compensazione delle imposte ritenute alla fonte fino a concorrenza dell’imposta olandese che si applicherebbe ai dividendi stranieri. Per contro, un organismo di investimento collettivo nel quale una parte degli azionisti sono stranieri vede la sua compensazione ridotta in funzione della partecipazione di tali azionisti al suo capitale.

117. A tal proposito, occorre ricordare che, secondo il regime fiscale di cui trattasi, l’importo degli utili distribuiti agli azionisti è calcolato prendendo in considerazione il rimborso dell’imposta ritenuta alla fonte sui dividendi versati da società stabilite nei Paesi Bassi, nonché la compensazione concessa per le ritenute alla fonte effettuate all’estero sui dividendi originati in altri Stati. L’importo dell’utile da distribuire così stabilito è in seguito ripartito tra gli azionisti dell’organismo di investimento collettivo in funzione della loro partecipazione nel capitale di quest’ultimo e tali azionisti sono assoggettati ad imposta su tali dividendi nei Paesi Bassi, mediante ritenuta alla fonte effettuata dall’organismo.

118. Ne deriva che la limitazione della compensazione dell’imposta straniera in funzione della partecipazione di azionisti stranieri nel capitale dell’organismo interessato penalizza indistintamente tutti gli azionisti di quest’ultimo, in quanto ha l’effetto di ridurre l’importo totale dell’utile da ripartire.

119. Una tale limitazione costituisce quindi un ostacolo alla raccolta, da parte di un organismo di investimento collettivo, di capitali negli altri Stati membri e in paesi terzi, e dissuade gli investitori stranieri dall’acquisto di quote di partecipazione in tale organismo.

120. Inoltre, contrariamente a quanto sostiene il governo olandese, tali restrizioni non possono essere giustificate dal fatto che gli azionisti residenti o stabiliti all’estero non sarebbero nella stessa situazione degli azionisti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi. Infatti, come sottolinea il giudice del rinvio, tutti gli azionisti di un organismo di investimento collettivo sono assoggettati ad imposta nei Paesi Bassi sui dividendi distribuiti da tale organismo, qualunque sia il luogo della loro residenza o del loro stabilimento. Ne deriva che un organismo di investimento collettivo che investe all’estero e che comprende azionisti stranieri si trova, sotto questo aspetto, nella stessa situazione di un organismo di investimento collettivo che investe all’estero e i cui azionisti sono tutti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi.

121. Di conseguenza, e conformemente alla giurisprudenza elaborata nelle citate sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation nonché Denkavit Internationaal e Denkavit France, a partire dal momento in cui il Regno dei Paesi Bassi ha deciso di concedere agli organismi di investimento collettivo una compensazione a titolo dell’imposta ritenuta all’estero e di assoggettare ad imposta gli azionisti di tali organismi a prescindere dalla loro residenza o del loro luogo di stabilimento, esso doveva estendere il beneficio di tale compensazione agli organismi di investimento collettivo comprendenti azionisti non residenti (31).

122. Pertanto, suggerisco alla Corte di risolvere la prima questione, lett. b), dichiarando che gli artt. 56 CE e 58 CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro come la normativa olandese di cui trattasi che, prevedendo a favore di organismi di investimento collettivo una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati ai detti organismi, dispone una limitazione di tale compensazione se e nella misura in cui gli azionisti dell’organismo interessato siano persone fisiche non residenti nei Paesi Bassi oppure organismi non soggetti all’imposta olandese sulle società.

3. Sulla seconda serie di questioni pregiudiziali

123. Il giudice del rinvio riferisce di trovarsi di fronte a due interrogativi.

124. In primo luogo, esso chiede se occorra operare una distinzione tra i dividendi originati in uno Stato membro della Comunità o dello Spazio economico europeo (SEE) e i dividendi provenienti da un paese terzo. Il detto giudice riferisce di essere di fronte a tale interrogativo in quanto l’OESF, durante l’esercizio contabile interessato, ha ricevuto dividendi da una società stabilita in Svizzera.

125. In secondo luogo, il giudice del rinvio si chiede se il divieto previsto all’art. 56 CE abbia la stessa portata per quanto riguarda i movimenti di capitali provenienti da e a destinazione di paesi terzi nonché all’interno dell’Unione europea e del SEE. Esso auspica che venga precisato, a tal proposito, se detto articolo imponga ad uno Stato membro di rinunciare ad un vantaggio nell’ambito di movimenti di capitali con un paese terzo malgrado che quest’ultimo, per ipotesi, non sia vincolato dal Trattato e non sia quindi tenuto a fare un sacrificio analogo. A causa di tale mancanza di reciprocità, si tratterebbe quindi di determinare se le restrizioni potrebbero essere giustificate da motivi che non sarebbero accolti in ambito intracomunitario.

126. È in base a tali considerazioni che il giudice del rinvio chiede, con la sua seconda questione, lett. b), se l’art. 56 CE abbia la stessa portata per i movimenti di capitali a destinazione di o provenienti da paesi terzi e per quelli intracomunitari e, con la sua seconda questione, lett. c), se, in caso di risposta negativa alla questione precedente, l’art. 56 CE osti alla prima limitazione, qualora quest’ultima sia destinata a tener conto di ritenute alla fonte effettuate in un paese terzo, tenendo presente che tale limitazione è motivata dal fatto che l’azionariato dell’organismo interessato comprende anche azionisti stranieri.

127. Con la seconda questione, lett. a), il giudice del rinvio chiede se la nozione di «investimenti diretti» di cui all’art. 57, n. 1, CE, che consente agli Stati membri di mantenere le restrizioni in vigore alla data del 31 dicembre 1993 ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi destinati, che implichino investimenti diretti, comprenda la detenzione di un pacchetto azionario di una società che non consente di esercitare un’influenza decisiva sull’amministrazione o sul controllo di quest’ultima.

128. Infine, con la terza questione, lett. b) e c), esso chiede alla Corte se il fatto che gli azionisti stranieri dell’organismo di investimento collettivo interessato sono residenti o sono stabiliti in un altro Stato membro o in un paese con il quale lo Stato membro di stabilimento dell’organismo ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, l’imputazione delle ritenute alla fonte sui dividendi abbia un’incidenza sulle risposte date alle questioni precedenti.

129. Anzi tutto, esaminerò la seconda questione, lett. b), in quanto riguarda gli investimenti dell’OESF in un paese terzo, nonché la seconda questione, lett. c) e a) che fa riferimento unicamente a tali investimenti. Analizzerò poi la seconda questione, lett. b), laddove prende in considerazione il fatto che gli azionisti dell’OESF sono, in parte, residenti o stabiliti in un paese terzo, nonché la terza questione, lett. b) e c), che riguarda tale situazione.

130. Il giudice del rinvio sottopone alla Corte la seconda questione, lett. a)-c), in considerazione del fatto che l’OESF ha ricevuto dividendi da una società stabilita in Svizzera. Sono del parere che tale questione non sia ammissibile in quanto non è necessaria alla soluzione della causa principale. Infatti, risulta dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio che le ritenute alla fonte effettuate in Svizzera sui dividendi versati all’OESF provenienti da tale paese sono state prese in conto nel calcolo della compensazione. Risulta anche da tali indicazioni che le sole ritenute alla fonte che non sono state prese in considerazione sono state effettuate in Stati membri, vale a dire la Germania e il Portogallo.

131. Conformemente alla giurisprudenza (32), ritengo quindi che non sia necessario risolvere la seconda questione, lett. b), laddove fa riferimento agli investimenti dell’OESF in Svizzera, né la seconda questione, lett. c) e a), che riguarda specificamente tali investimenti.

132. Esaminerò ora la seconda questione, lett. b), laddove si riferisce alla partecipazione nel capitale dell’OESF di azionisti residenti o stabiliti in paesi terzi, nonché la terza questione, lett. b) e c).

133. Tenuto conto dei motivi per i quali il giudice del rinvio sottopone tale questioni, propongo alla Corte di esaminarli insieme e interpretarli nel senso che il detto giudice chiede se le limitazioni di cui trattasi possano essere giustificate dal fatto che una parte degli azionisti dell’organismo di investimento collettivo interessato non sono residenti o stabiliti in un altro Stato membro o in un paese terzo con il quale lo Stato membro di stabilimento di tale organismo abbia concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, l’imputazione delle ritenute effettuate alla fonte sui dividendi.

134. Certamente, come ricordato in precedenza, la Corte ha ammesso che non si può escludere che una limitazione dei movimenti di capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi sia giustificata da un determinato motivo in circostanze in cui tale motivo non potrebbe costituire una giustificazione valida per una restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri.

135. La Corte ha fornito indicazioni per quanto riguarda i motivi che possono essere accolti. Tali motivi derivano dal fatto che uno Stato terzo non è vincolato dal diritto comunitario, in particolare dall’insieme degli obblighi di cooperazione relativi allo scambio di informazioni e di assistenza in materia di riscossione. Il governo olandese sostiene che tali motivi possono anche essere desunti dalla mancanza di reciprocità nel rispetto degli obblighi imposti dall’art. 56 CE.

136. In ogni caso, non ritengo che, nelle circostanze di specie, le limitazioni controverse possano essere giustificate da un motivo specificamente inerente ai movimenti di capitali con i paesi terzi. Infatti, come indicato in precedenza, le limitazioni controverse hanno l’effetto di ridurre l’importo globale dell’utile da distribuire tra tutti gli azionisti, a prescindere dal loro luogo di residenza o di stabilimento, e penalizzano così questi ultimi indistintamente. Peraltro, risulta dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio che una parte degli azionisti stranieri dell’OESF, durante l’esercizio contabile pertinente, erano residenti o stabiliti in altri Stati membri.

137. Di conseguenza, anche a supporre che le limitazioni controverse potessero essere giustificate da un motivo specificamente inerente ai movimenti di capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi se tutti gli azionisti dell’organismo di investimento collettivo interessato fossero stati residenti o stabiliti in un paese terzo, una tale giustificazione non può essere presa in considerazione nella fattispecie.

138. Propongo quindi di risolvere la seconda questione, lett. b), e la terza questione, lett. b) e c), nel senso che le limitazioni di cui trattasi non possono essere giustificate dal fatto che una parte degli azionisti dell’organismo di investimento collettivo interessato non sono residenti o stabiliti in un altro Stato membro o in un paese terzo con il quale lo Stato membro di stabilimento di tale organismo ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, l’imputazione delle ritenute effettuate alla fonte sui dividendi.

4. Sulla terza questione, lett. a)

139. Con la terza questione, lett. a), il giudice del rinvio chiede se il fatto che l’imposta trattenuta in un altro paese sui dividendi provenienti da tale paese sia più elevata rispetto alla ritenuta cui sono assoggettati, nello Stato membro di stabilimento dell’organismo di investimento collettivo, i dividendi ridistribuiti agli azionisti stranieri, abbia un’incidenza sulle risposte date alle questioni precedenti.

140. Detto giudice sottopone tale questione alla Corte in quanto l’aliquota della ritenuta alla fonte effettuata in Portogallo sui dividendi versati all’OESF provenienti da tale Stato membro è stata del 17,5%, mentre quella della ritenuta alla fonte effettuata nei Paesi Bassi sui dividendi distribuiti agli azionisti dell’OESF è stata del 15%.

141. Ritengo che tale circostanza sia senza incidenza sulle risposte che ho proposto di dare alla prima serie di questioni pregiudiziali.

142. Infatti, per quanto riguarda la prima limitazione, la compensazione concessa dal Regno dei Paesi Bassi a titolo delle ritenute alla fonte effettuate in uno Stato membro diverso dalla Germania e dal Portogallo non dipende dall’aliquota di tali ritenute. Le ritenute alla fonte effettuate nel Portogallo devono quindi costituire oggetto di un trattamento equivalente e dare diritto ad una compensazione, a prescindere dal fatto che la loro aliquota sia superiore a quella della ritenuta alla fonte olandese sui dividendi distribuiti agli azionisti (33).

143. Lo stesso ragionamento vale per la seconda limitazione. Nemmeno la compensazione concessa a titolo delle ritenute alla fonte effettuate in un altro Stato membro ad un organismo di investimento i cui azionisti siano tutti residenti o stabiliti nei Paesi Bassi dipende dall’aliquota di tale ritenuta alla fonte. Un organismo di investimento collettivo il cui capitale è detenuto in tutto o in parte da azionisti stranieri deve quindi beneficiare di tale compensazione qualunque sia l’aliquota della ritenuta alla fonte nello Stato membro di provenienza dei dividendi.

144. Propongo quindi di risolvere la terza questione, lett. a), dichiarando che il fatto che l’imposta trattenuta in un altro Stato membro sui dividendi provenienti da tale Stato sia più elevata rispetto alla ritenuta cui sono assoggettati, nello Stato membro di stabilimento dell’organismo di investimento collettivo, i dividendi ridistribuiti agli azionisti stranieri, non ha alcuna incidenza sulle risposte date alle questioni precedenti.

V – Conclusione

145. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo di risolvere le questioni sottoposte dallo Hoge Raad der Nederlanden nel seguente modo:

«1) Gli artt. 56 CE e 58 CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro come la normativa olandese di cui trattasi che, prevedendo a favore di organismi di investimento collettivo una compensazione destinata a tener conto dei prelievi fiscali effettuati alla fonte da un altro Stato membro sui dividendi versati ai detti organismi, da un lato limita tale compensazione all’importo che una persona fisica residente nel territorio olandese avrebbe potuto imputare in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione conclusa con l’altro Stato membro e, dall’altro, dispone una limitazione della compensazione di cui trattasi se e nella misura in cui gli azionisti dell’organismo interessato siano persone fisiche non residenti nei Paesi Bassi oppure organismi non soggetti all’imposta olandese sulle società.

2) Tali restrizioni ai movimenti di capitali non possono essere giustificate dal fatto che una parte degli azionisti dell’organismo di investimento collettivo interessato non sono residenti o stabiliti in un altro Stato membro o in un paese terzo con il quale lo Stato membro di stabilimento di tale organismo ha concluso una convenzione che prevede, su una base di reciprocità, delle ritenute effettuate alla fonte sui dividendi.

3) Il fatto che l’imposta trattenuta in un altro Stato membro sui dividendi provenienti da tale Stato sia più elevata rispetto alla ritenuta cui sono assoggettati, nello Stato membro di stabilimento dell’organismo di investimento collettivo, i dividendi ridistribuiti agli azionisti stranieri, non ha alcuna incidenza sulle risposte date alle questioni precedenti»


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Secondo il giudice del rinvio, le altre condizioni richieste non sono pertinenti nella fattispecie.


3 – In prosieguo : l’«OESF».


4 – Sentenza 6 marzo 2007, causa C-292/04, Meilicke e a. (Racc. pag. I-0000, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata).


5 – Per quanto riguarda le società ai sensi dell’art. 48 CE, la loro sede serve per determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato [sentenza 13 luglio 1993, causa C-330/91, Commerzbank (Racc. pag. I‑4017, punto 13)].


6 – Sentenza 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker (Racc. pag. I‑225, punto 31).


7 – V., per quanto riguarda le persone fisiche, sentenza Schumacker, cit. (punti 28 e 29), e, per le persone giuridiche, sentenza Commerzbank, cit. (punto 15).


8 – Sentenza 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen (Racc. pag. I‑7477, punto 29).


9 – Direttiva 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6). V. anche la direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/48/CE, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38), e la direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/49/CE, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU L 157, pag. 49).


10 – La direttiva 90/435, nella sua versione in vigore al momento dell’esercizio contabile di cui trattasi, era applicabile alle società che detenevano nel capitale di una società di un altro Stato membro una partecipazione minima del 25%. Inoltre, ai sensi del suo art. 2, essa riguarda solo le società che sono assoggettate all’imposta sulle società senza esserne esonerate ed è noto che gli organismi di investimento, se sono soggetti a tale imposta, costituiscono oggetto di un’imposta ad aliquota zero.


11 – Convenzione del 23 luglio 1990, relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate (GU L 225, pag. 10).


12 – V., a tal riguardo, sentenza 14 novembre 2006, causa C-513/04, Kerckhaert e Morres (Racc. pag. I‑10967), a proposito della legislazione belga che, nell’ambito dell’imposta sul reddito, assoggetta alla stessa aliquota d’imposta uniforme i dividendi di azioni di società stabilite in Belgio e i dividendi di azioni di società stabilite in un altro Stato membro, senza prevedere la possibilità di imputare l’imposta prelevata mediante ritenuta alla fonte in quest’altro Stato membro. La Corte ha dichiarato che il regime fiscale di cui trattasi non opera nessuna distinzione tra i dividendi di società stabilite in Belgio e quelli di società stabilite in un altro Stato membro. Essa ha affermato che le conseguenze svantaggiose che l’applicazione di un tale sistema potrebbe comportare per un contribuente che percepisce dei dividendi assoggettati ad una ritenuta alla fonte in un altro Stato membro derivano unicamente dall’esercizio parallelo da parte di due Stati membri della loro competenza fiscale (punto 20).


13 – Sentenza 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN (Racc. pag. I‑6161, punti 57 e 58).


14 – V., a proposito della concessione di un’esenzione dall’imposta sul reddito alla quale sono assoggettati i dividendi versati ad azionisti persone fisiche, sentenza 6 giugno 2000, causa C‑35/98, Verkooijen (Racc. pag. I‑4071); a proposito dell’applicazione di un’aliquota di imposta liberatoria o ridotta della metà, sentenza 15 luglio 2004, causa C-315/02, Lenz (Racc. pag. I‑7063); a proposito della concessione di un credito d’imposta, sentenze citate Manninen et Meilicke e a., e a proposito di un’esenzione dall’imposta sulle società dei dividendi di origine nazionale, mentre i dividendi di origine estera erano soggetti a tale imposta e conferivano solo il diritto ad uno sgravio per l’eventuale ritenuta alla fonte praticata nello Stato membro di residenza della società distributrice, sentenza 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation (Racc. pag. I-0000, punti 61-71).


15 – Sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. (punto 62). La stessa esigenza non si impone automaticamente ai dividendi versati da società stabilite in paesi terzi. In tale sentenza, la Corte ha affermato che non si può escludere che uno Stato membro possa dimostrare che una limitazione dei movimenti di capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi sia giustificata da un determinato motivo in circostanze in cui tale motivo non potrebbe costituire una giustificazione valida per una restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri. Così può essere, in particolare, in una situazione che comporti l’accertamento dell’imposta versata da società distributrici stabilite in paesi terzi, qualora le misure legislative comunitarie dirette alla cooperazione tra autorità fiscali nazionali, quali la direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799//CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15), non siano applicabili, l’accertamento dell’imposta versata da tali società nel loro Stato di residenza può risultare più difficile che in un ambito puramente comunitario (punti 169-171).


16 – V., a proposito di una legislazione di uno Stato membro che prevede un sistema di credito d’imposta per i dividendi versati da una società residente ai suoi azionisti residenti nonché agli azionisti non residenti qualora ciò sia previsto da una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione, sentenza 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (non ancora pubblicata nella Raccolta), e, per quanto riguarda una legislazione nazionale che assoggetta ad imposta i dividendi versati da società controllate residenti a delle società madri stabilite in un altro Stato membro e che esenta quasi totalmente i dividendi versati a delle società madri residenti, sentenza 14 dicembre 2006, causa C-170/05, Denkavit Internationaal e Denkavit France (non ancora pubblicata nella Raccolta).


17 – Sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit. (punto 70).


18 – Sentenza 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273, punto 26).


19 – Idem.


20 – Sentenza Denkavit Internationaal e Denkavit France, cit. (punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).


21 – Ibidem (punto 47).


22 – Arrêt Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit. (point 71).


23 – Sentenza Saint‑Gobain ZN, cit. (punto 59). In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che l’attività stabile di una società non residente deve beneficiare, come le società residenti, dell’esenzione dall’imposta sulle società per i dividendi ricevuti da società aventi sede in un paese terzo, prevista da una convenzione in materia tributaria stipulata con tale paese terzo.


24 – Sentenza 5 luglio 2005, causa C-376/03, D. (Racc. pag. I‑5821). In tale causa, il sig. D., cittadino tedesco residente in Germania, il quale possedeva il 10% dell’importo del suo patrimonio nei Paesi Bassi ed era soggetto all’imposta patrimoniale in tale Stato membro per i beni che ivi possedeva, aveva chiesto di beneficiare dell’abbattimento previsto dalla legge olandese a favore dei contribuenti residenti. La Corte ha dichiarato che tale imposta patrimoniale era equiparabile all’imposta sul reddito, in quanto era stabilita in funzione della capacità contributiva del contribuente. La Corte ne ha dedotto che un contribuente non residente, che detiene solo una piccola parte del suo patrimonio nei Paesi Bassi, non si trovava nella stessa situazione di un contribuente residente, sicché non poteva rivendicare il beneficio dell’abbattimento in questione. Inoltre, si poneva la questione di sapere se il sig. D. fosse oggetto di una discriminazione in quanto un contribuente residente in Belgio, che si trovava in una situazione analoga alla sua, poteva beneficiare dell’abbattimento controverso in forza della convenzione stipulata tra il Regno dei Paesi Bassi e il Regno di Belgio. La Corte ha affermato che una tale differenza di trattamento non era contraria al diritto comunitario. V. anche, nello stesso senso, sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., a proposito della differenza di situazione che risulta dal fatto che, tra le convenzioni bilaterali stipulate tra uno Stato membro e altri Stati, solo alcune di esse prevedevano un credito d’imposta a favore dei residenti degli Stati contraenti.


25 – Sentenza Verkooijen, cit. (punti 28-30).


26 – Sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. (punto 38).


27 – Tale sistema di ritenuta alla fonte, secondo le spiegazioni fornite dal governo olandese, ha lo scopo di anticipare la riscossione dell’imposta sul reddito o sulle società dovuta sui dividendi, per evitare qualsiasi dissimulazione da parte degli azionisti.


28 – Il governo olandese ha fatto presente, nelle sue osservazioni scritte, che la sua normativa prevedeva, inizialmente, un’esenzione dall’imposta sui dividendi, ma che tale esenzione ha dovuto essere sostituita dal sistema controverso a causa delle restrizioni amministrative che imponeva agli organismi di investimento collettivo, per giustificare la loro situazione presso le società distributrici prima di ogni versamento di dividendi.


29 – Causa C‑196/04 (Racc. pag. I‑7995, punti 43-46).


30 – Sentenza D., cit. (punti 59-62). La stessa analisi è stata adottata dalla Corte nella sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., a proposito della disparità di trattamento praticata nei confronti di società non residenti del Regno Unito, per il fatto che, tra le convenzioni concluse da tale Stato membro con altri Stati membri, talune prevedevano un credito d’imposta per le società residenti di detti Stati membri, mentre altre non ne prevedevano (punti 84-91).


31 – Sentenza Denkavit Internationaal e Denkavit France, cit. (punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).


32 – V., in particolare, sentenze Lenz, cit. (punto 52), e 21 febbraio 2006, causa C-152/03, Ritter‑Coulais (Racc. pag. I‑1711, punto 15 e la giurisprudenza ivi citata).


33 – A tal riguardo, occorre precisare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’OESF all’udienza, il governo olandese non è obbligato a rimborsarle la totalità dell’imposta pagata in Portogallo se il regime fiscale controverso, come da me interpretato, limita la compensazione destinata a prendere in conto l’imposta ritenuta alla fonte sui dividendi originati all’estero all’importo dell’imposta olandese che sarebbe ascrivibile a tali dividendi. La ritenuta alla fonte effettuata in Portogallo deve dare diritto ad una compensazione alle stesse condizioni delle ritenute effettuate negli altri Stati membri.